Ognissanti, la festa che unisce cielo e terra
La festa di tutti i Santi il 1° novembre si diffuse nell’Europa latina nei secoli VIII-IX. Poi si iniziò a celebrarla anche a Roma, fin dal secolo IX. Un’unica festa per tutti i Santi, ossia per la Chiesa gloriosa, intimamente unita alla Chiesa ancora pellegrinante e sofferente sulla terra. Quella di Ognissanti è una festa di speranza: “l’assemblea festosa dei nostri fratelli” rappresenta la parte eletta e sicuramente riuscita del popolo di Dio; ci richiama al nostro fine e alla nostra vocazione vera: la santità, cui tutti siamo chiamati non attraverso opere straordinarie, ma con il compimento fedele della grazia del battesimo.
Festeggiare tutti i santi è guardare coloro che già posseggono l’eredità della gloria eterna. Quelli che hanno voluto vivere della loro grazia di figli adottivi, che hanno lasciato che la misericordia del Padre vivificasse ogni istante della loro vita, ogni fibra del loro cuore. I santi contemplano il volto di Dio e gioiscono appieno di questa visione. Sono i fratelli maggiori che la Chiesa ci propone come modelli perché, peccatori come ognuno di noi, tutti hanno accettato di lasciarsi incontrare da Gesù, attraverso i loro desideri, le loro debolezze, le loro sofferenze, e anche le loro tristezze. Questa beatitudine che dà loro il condividere in questo momento la vita stessa della Santa Trinità è un frutto di sovrabbondanza che il sangue di Cristo ha loro acquistato. Nonostante le notti, attraverso le purificazioni costanti che l’amore esige per essere vero amore, e a volte al di là di ogni speranza umana, tutti hanno voluto lasciarsi bruciare dall’amore e scomparire affinché Gesù fosse progressivamente tutto in loro. È Maria, la Regina di tutti i Santi, che li ha instancabilmente riportati a questa via di povertà, è al suo seguito che essi hanno imparato a ricevere tutto come un dono gratuito del Figlio; è con lei che essi vivono attualmente, nascosti nel segreto del Padre.
La chiesa, in questo giorno, ci propone il brano delle Beatitudini:
Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli.
Si mise a parlare e insegnava loro dicendo:
«Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati.
Beati i miti, perché avranno in eredità la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.
Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti perseguitarono i profeti che furono prima di voi.
Gesù ci indica quale è la vera strada della santità. Il percorso obbligato per noi cristiani è proprio quello delle Beatitudini. Come vorremmo far diventare vere in noi quegli inviti: beati, i poveri in spirito, beati i misericordiosi. Beati gli operatori di pace, beati noi se ci ritroveremo tutti in paradiso a godere per sempre la gioia eterna di Dio.
I santi ci invitano ad avere pazienza e a camminare spediti nella via della nostra santità. Se loro sono stati capaci di perfezionare – per quanto possibile umanamente – la loro esistenza, la loro vita quotidiana, lo possiamo anche noi. Loro nostri compagni di viaggio, intercedono per noi e ci spronano a perfezionarci attraverso le attività di ogni giorno. La palestra della nostra santità è il nostro lavoro, il servizio quotidiano nelle nostre case, il fare le pulizie di casa, la spesa, accudire i nostri cari, fare la fila agli sportelli, gioire per le nostre relazioni ben riuscite, piangere con chi piange e gioire con chi è nella gioia. La pazienza del vivere sia il campo d’azione di ciascuno di noi. Coraggio abbiamo un traguardo da raggiungere: il paradiso.